L.T. / La Stampa

Tutto cambia in Italia, ma gli scandali dell'articolo 28 non finiscono mai. Racconta Daniele Segre, regista dell'ammirato e premiato «Manila Paloma Blanca», che aveva chiesto il contributo statale per il suo nuovo film «Delega», scritto con Fiamma Nirenstein: «La commissione che attribuisce le sovvenzioni stabilite dall'articolo 28 s'è riunita giovedì scorso. Doveva dare i contributi rimasti in sospeso, gli ultimi prima dell'entrata in vigore della nuova legge sul cinema. Li hanno dati ad altri quindici registi, non so chi siano; e a me li hanno rifiutati». E perché? «Non lo so. Una persona assai stimabile dell'Istituto Luce m'ha detto: “Gli altri saranno stati raccomandati”». Raccomandati da chi? «Non lo so. Non mi lamento, non sto qui a piangere, ma sono furente: a quanto pare vincere premi a festival internazionali, da quello di New York a quello di Istanbul, vincere un premio alla Mostra di Venezia, avere l'apprezzamento unanime della critica, sono cose che non pagano rispetto alla frequentazione di salotti, di politici o di strani personaggi vaganti da una zona all'altra del sistema. Pazienza. Io resisto, seguito a lavorare come ho sempre fatto: meglio suscitare invidia che pietà». Il caso Segre non è isolato. Anche Giuseppe Bertolucci, regista assai stimato dalla critica, autore di film spesso presentati ai festival internazionali («Oggetti smarriti», «Segreti segreti», «Strana la vita», «I cammelli», «Amori incorso»), si è visto rifiutare i contributi dell'articolo 28 per «Troppo sole», interpretato da Sabina Guzzanti in tredici personaggi diversi: «Ci contavamo molto. Invece la commissione ha sovvenzionato altri cinquantadue film, e ha escluso il nostro», dice Bertolucci. E perché?«Forse non avevamo preparato il terreno».